Quick commerce: la nuova frontiera della delivery è sostenibile per i brand?

Delivery ultraveloce, quick commerce, servizio instant market. Chiamatelo come volete, ma l’enorme successo di questa comodità si è affermato ed è destinato a durare a  lungo.

Ciò che inizialmente è stato visto come un mezzo per affrontare la pandemia, ha ben altre implicazioni per il mercato retail e la sua supply chain. Le consegne in un’ora o il giorno stesso, la consegna di generi alimentari in soli 15-30 minuti stanno diventando la nuova normalità in molte aree urbane, anche in Italia. Secondo i dati di Digital Commerce 360/Bizrate Insights, per il 68% dei consumatori la delivery ultraveloce è un importante incentivo all’acquisto online.

Ma ce n’è davvero bisogno? È diventata così importante l’immediatezza di questo servizio? E dal punto di vista finanziario come può essere sostenibile questo modello? Manhattan Associates approfondisce questi argomenti e spiega ciò che potremmo vedere nel 2022.

Una vera e propria rivoluzione?

Prima di tutto, dobbiamo riconoscere che viviamo in un mondo completamente interconnesso, nel quale basta un click per avere qualsiasi servizio a disposizione. Un mondo in cui possiamo passare ore a consumare contenuti digitale, in cui le case hanno ogni comodità. Un mondo che garantisce accesso immediato a milioni di prodotti e servizi da acquistare, canzoni da ascoltare e film da guardare.

Viviamo nell’era dell’on-demand, ma quando si tratta di andare a fare la spesa, fino a poco tempo facevamo online soprattutto la spesa settimanale e programmata. Le spese di rifornimento, quando qualcosa finiva all’improvviso, erano principalmente un’esperienza “analogica”.

Lo sconvolgimento causato dalla pandemia non ha soltanto accelerato l’adozione della spesa online, ma ha anche creato un canale del tutto nuovo: stiamo finalmente assistendo infatti alla digitalizzazione del “negozio sotto casa”.

In Italia, alcuni player come Deliveroo, Glovo e Gorillas hanno lanciato coraggiosamente i loro nuovi servizi e hanno portato la customer experience a nuovi livelli – apparentemente indifferenti di fronte alla numerosa concorrenza, e al bassissimo o quasi nullo margine di questo tipo di mercato.

Queste piattaforme per la consegna rapida stanno ultimando la funzione del “negozio sotto casa” del ventunesimo secolo, per soddisfare l’acquisto di emergenza: il pranzo a domicilio, la mancanza di uno o più ingredienti per la cena, i pannolini o le birre per gli ospiti – anche per coloro che fanno fatica a trovare uno slot di consegna adatto, offerto dai grandi supermercati.

Questo tipo di aziende sta ridefinendo il concetto di immediatezza.

Anche se ai clienti finali le consegne più veloci e o i servizi migliori sono sempre graditi, dobbiamo chiederci se questo “piccolo” segmento della delivery davvero rivoluzionerà tutto. “Piccolo” per tre motivi:

  1. Come abbiamo visto, la delivery di alimentari in 15/30 minuti soddisfa acquisti di nicchia, emergenze dell’ultimo momento e cibo da asporto/a domicilio.
  2. Questo tipo di modello richiede una densità di popolazione significativa e quindi sarà garantito solo alle grandi città.
  3. Nonostante i migliori sforzi per democratizzarla, la delivery ultraveloce è un servizio di livello premium, per clienti che spesso hanno poco tempo e molti soldi.

Secondo IGD, il settore del quick commerce vale attualmente 1,4 miliardi di sterline nel Regno Unito, con la possibilità che raddoppi o vada addirittura oltre, fino a valere 3,3 miliardi di sterline – sempre una fetta molto piccola, di un mercato che complessivamente vale oltre 200 miliardi di sterline.

Tutto o niente

È quindi giustificata l’euforia che ruota attorno al quick commerce o sarà soltanto un’altra innovazione legata alla pandemia che si dissolverà tranquillamente non appena torneremo a una nuova normalità?

La delivery ultraveloce sopravvivrà alla pandemia in qualche modo. Negli ultimi anni la battaglia dei prezzi dei supermercati è stata infatti superata da quella della delivery. E la delivery ultraveloce porta tutto questo a un nuovo livello, verso cui i principali supermercati – e anche Amazon – non si avventureranno.

Perché non lo faranno? Perché si tratta di un modello caotico che promette troppo. Questo può scaturire un’esperienza negativa molto dannosa per il brand. È un modello non comprovato e con alta densità di capitale, che richiede la massima vicinanza al cliente – dovendo consegnare in 15/30 minuti sarà meglio trovarsi nel raggio di pochi km. Inoltre, bisogna anche sacrificare significativamente la gamma dei prodotti per fare in modo che sia economicamente sostenibile.

Il tempo, però, è una commodity preziosa e chi si occupa di delivery ha stravolto tutto.

Per alcuni, il quick commerce rappresenta forse un futuro disastroso per via del quale non servirà più muoversi dal divano quando avremo finito il pane. Per altri è una sorta di ritorno al futuro, il commerciante nell’era digitale.

Indipendentemente da tutto, sarebbe difficile oggi “svezzare” i clienti, ora che hanno avuto un assaggio di questa comodità-immediatezza, non lasciando altra scelta al mercato se non quella di seguire questa strada. Abbiamo già assistito all’inizio di un inevitabile consolidamento in questo settore emergente, insieme a un crescente numero di partnership con gli stessi negozi di alimentari. Nel 2022 potremo vedere da vicino l’acquisizione di un operatore della delivery ultraveloce da parte di uno dei principali supermercati.

Il quick commerce, secondo Manhattan Associates, rimarrà un segmento di nicchia del canale alimentare online, ma certamente non dovremo ignorare le implicazioni, molto più ampie, nel mondo del retail e delle sue supply chain.

Che si tratti dei processi pratici associati al microfilm (come l'automazione e l'integrazione di uomo e macchina), l’adattamento del trasporto per il cosiddetto “ultimo miglio” o il concetto più ampio di avvicinare le supply chain ai consumatori , l'impatto del quick commerce potrebbe essere percepito ben oltre la sua immediata sfera di operazioni.

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